PORTICO DE’ CATENIANO
“Il cosiddetto Portico dei Templari (o De’ Cateniano ndr) è un edificio medievale di Brindisi sito in piazza Duomo. Presenta due arcate gotiche di carparo, separate da una colonna in marmo greco adorna di un capitello a decorazioni viminee. Le due volte a crociera di cui è costituito sono a costoloni bicromi (pietra bianca e carparo).
Per le sue caratteristiche architettoniche si può ritenere che risalga al XII-XIII secolo, considerato il precoce utilizzo dell’arco a sesto acuto fatto già in età normanna nel Meridione d’Italia.” (1)
“La sua funzione non è stata del tutto chiarita: tuttavia, poiché dal punto di vista tipologico si tratta più precisamente di una loggia (e non di un portico) e considerata la sua collocazione in piazza Duomo, lo si può ragionevolmente far riferire al primo palazzo arcivescovile medievale di Brindisi. Infatti il riferimento ai Templari è solo frutto di erudizione settecentesca, che credette di poterlo collegare idealmente ai resti di una chiesa giovannita rinvenuti nello stesso isolato, ma a molta distanza.
“Nell’edificazione del portico non era mancato l’utilizzo di materiali di reimpiego; il 10 maggio 1880 Giovanni Tarantini riscoprì, a distanza di un secolo da Annibale De Leo, l’iscrizione di Clodio Eutiche, edita dal Mommsen (CIL, IX, 265) sulla base dell’apografo dell’arcivescovo: D.M./ C. CLODIO / EUTYCHI/TI. LIB. BON./Q.V.A. XXX/IUSTUS PA/TRONUS P., “incisa in un cippo sepolcrale di marmo, il quale in tempo assai rimoto fu messo come pietra di costruzione a qualche altezza in un muro di questo orfanotrofio di Santa Chiara […] e propriamente in quella parte che serviva da ospedale civico”. (Carito – Guida di Brindisi)
Documentazione successiva (XVI secolo) afferma che il portico costituiva il piano terra del palazzo signorile della famiglia De Cateniano. Un esponente di questa famiglia, Lucio, che fu sindaco della città a metà del Cinquecento, donò alcune sue proprietà site in piazza Duomo, compreso il “portico”, all’ospedale civico, all’epoca mantenuto con libere donazioni.
Attualmente, completato un tratto d’imitazione moderna con i rifacimenti degli anni 1954-1958, funge da accesso al Museo Ribezzo e ne è parte integrante ospitando, sotto le sue volte, reperti medievali.” (1)
Portico de’ Templari, Portico De Cateniano o dei Gerosolimitani – Il parere degli storici
Secondo lo storico N. Vacca, già nel 1187 i Cavalieri Gerosolimitani, (che avevano ereditato i beni dei Templari all’epoca della loro soppressione) avevano in Brindisi una chiesa con ospedale chiamata S. Giovanni dei Greci, sita preso la marina.
“…costoro, con tutto che i loro antecessori Templari avessero tanto in Brindisi la stanza e l’Ospedale del Santo Sepolcro, tuttavia per commodità delle loro armate, che spessissime volte e per elezione o per fortuna e per forza di venti pigliavano il territorio brindisino, vollero avere nella città un altro albergo sotto il nome della lor religione che fusse particolarmente commodo alla marinaresca, (..) con molti portici per commodità delle galere che ivi si ritiravano a terra e per l’ordegni marinareschi, e nel medesimo luogo edificarono una nobile chiesa al loro santo tutelare S. Giovanni (Andrea della Monaca – Memoria Historica pp. 452-3)”
Secondo Camassa l’ospedale di S. Giovanni dei Greci comprendeva quasi un isolato. Autorizza questa congettura la trecentesca Loggia o Porticato ch’era sotto le soprastrutture del vecchio ospedale civico in Piazza del Duomo, venuto alla luce circa un trentennio fa ed ora incastonato con intelligenza e buon gusto dall’ing. Antonio Cafiero nel nuovo edificio da lui progettato che attualmente ospita il Museo Prov. Ribezzo. Questo porticato sarebbe la continuazione “dei molti portici” dell’albergo di S. Giovanni dei Greci di cui parla il Della Monaca.
Continua Vacca: “A questa opinione espressami oralmente dal Camassa, aderisce il De Laurentis (appunti di storia brindisina cit. p. 27). Accettando questa opinione, il grandioso edificio gerosolimitano, sulla sola fronte della strada di S. Chiara era lungo circa 180 metri. Esso continuava ancora lungo la strada che dal campanile del Duomo mena alle Colonne, zona nella quale, nel 1952, durante lo scavo delle fondamenta del nuovo edificio destinato ad ospitare il museo, si sono rinvenuti a piano terreno numerosi porticati a sesto acuto indubbiamente della stessa epoca e struttura della Loggia scoperta un trentennio fa. Da questo lato l’hospitium gerosolimitano poggiava su un preesistente edificio romano, probabilmente termale, le cui imponenti vestigia sono apparse durante lo scavo suddetto.”
Per Nadia Cavalera (Palazzi di Brindisi pp. 160-1, “negli anni ’70 fu prevalente l’ipotesi che fosse stato edificato dai Cavalieri Templari per farne la sede dell’Ospedale dell’Ordine, ciò in quanto menzionato come possedimento in un documento del 1260 raccolto da Mons. Annibale De Leo; ma la sua ubicazione nessuno è riuscito però a stabilirla.
Una più attenta lettura di Della Monaca però ci svela che, intorno all’anno 1325 i Gerosolimitani, ricchi delle entrate dei Templari “per commodità delle loro armate..vollero avere nella città un altro albergo..Si fabbricarono però sul lido interiore del destro corno del porto, quasi alla dirittura dell’entrata, che si dirama in due, e sul principio del ramo destro predetto un altro albergo con molti portici per comodità delle galere che ivi si ritiravano a terra e per l’ordegni marinareschi, e nel medesimo luogo edificarono una chiesa al loro Santo tutelare S. Giovanni.”
In definitiva quasi tutti gli storici sono concordi nel ritenere che il portico di Piazza Duomo facesse parte di questa costruzione che partendo dalla chiesa di S. Giovanni (attuale palazzo di proprietà INA, prima Bono e Cocotò) si estendeva probabilmente per 180 metri circa, lungo via S. Chiara, per andare anche oltre la piazza, sul lato di via Colonne.
Racconta G. Carito nella sua Guida di Brindisi, che il Portico faceva parte del palazzo dei Cateniano, “donato da Lucio, sindaco nel 1551-2 e nel 1555-6, all’ospedale dei poveri della città. Questo si sarebbe ingrandito, sul declinare del XVIII secolo, con la donazione, da parte di Francesco Amorea Latamo, del proprio palazzo. L’intero complesso dell’ospedale, danneggiato dai bombardanti alleati nella notte fra il 7 e I’8 novembre 1941, fu demolito il 1948 per dar luogo all’edificio che attualmente ospita il museo provinciale; unico brano superstite è il portico di casa Cateniano che può indicativamente datarsi al XIV secolo.”
A noi pare, in definitiva, che le due ipotesi non siano contrastanti tra loro e che, effettivamente, il portico elevato dai giovanniti possa essere sopravvissuto nei secoli fino ad arrivare a noi, quindi, non sarebbe sbagliato chiamarlo in ciascuno dei due modi.
Un passo indietro
“L’intero complesso dell’Ospedale, danneggiato dai bombardamenti alleati nella notte fra il 7 e l’8 novembre 1941, fu demolito nel 1948 per dar luogo all’edificio che attualmente ospita il Museo Provinciale; unico brano superstite è il portico di casa Cateniano che può indicativamente datarsi al XIV secolo.” (2)
“Per quel che riguarda la Cattedrale, coi restauri del 1957, si pensò di sostituire il timpano con le statue dei santi Teodoro, Lorenzo da Brindisi, Leucio e Pio X.” (2)
L’unica traccia di quell’episodio sembrerebbe essere rimasta sulla colonna del Campanile lato biblioteca provinciale
Intervento fb sulla pagina di Brundarte dell’1 novembre 2019
La Loggia dei Cavalieri Gerosolimitani (*)
La trecentesca Loggia abilmente inserita negli anni Cinquanta nella costruzione del Provveditorato agli Studi e della Biblioteca Provinciale, divenuta poi definitivamente sede del Museo Ribezzo, fu costruita sicuramente reimpiegando elementi di epoca romana nel nuovo edificio, come ben spiega la storica R. Alaggio: “Sebbene l’area centrale ed il porto siano stati interessati da notevoli modificazioni, prima in conseguenza del terremoto del 1743 poi per i bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale, ancora affiorano negli edifici medievali superstiti, elementi classici di spoglio. Ne è un esempio, nella centrale piazza Duomo, la Loggia che funge da ingresso al Museo Provinciale, nelle cui strutture è inglobata l’epigrafe sepolcrale in marmo del “patronus” Clodio Eutiche, edita dal Mommsen (CIL, IX, 265) (..) La prassi del reimpiego continua, d’altronde, anche nei secoli successivi.”
La parte più alta dell’abitato romano, corrispondente alla zona fra via Duomo e piazzetta Colonne, fu destinata quindi, sin dalle prime fasi di vita della colonia, agli edifici religiosi, commemorativi, onorari o pubblici.
E, infatti, durante gli scavi archeologici degli anni 1950-1952 nell’area del Museo Prov.le furono trovate strutture di un edificio termale (G. Marzano, recenti scavi in piazza Duomo vds. piantina allegata), ma anche due capitelli di età ellenistica, un cippo con dedica ad Augusto, una piccola testa fittile, un frammento di cornice architettonica, un rocchio di colonna scanalata (R. Alaggio, Brindisi Medievale p. 102) .
In conclusione possiamo dire che negli anni ’50 è accaduto di tutto, la distruzione della Torre dell’Orologio, del Teatro Verdi, la (quasi) scomparsa dell’area archeologica di via Casimiro, lo sventramento delle sciabiche, il nuovo centro storico e tanto altro ancora, ma quello che proprio non ci aspettavamo era che un Museo potesse occultare anzichè mostrare dei resti di epoca romana.
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Il portico, “completato con un tratto d’imitazione moderna (1954), funge da ingresso al Museo. Sotto il portico trovano posto una serie di ceppi d’ancora in bronzo, sculture, stele onorarie municipali, sarcofagi ed elementi architettonici dei quali è nota la provenienza, ma non il contesto. Di grande interesse sono alcuni resti medievali, tra cui un interessante capitello di fattura altomedievale con figure danzanti, forse trasformato in vera da pozzo (IX-XI secolo); capitelli e semicapitelli figurati provenienti dalla distrutta chiesa di Sant’Andrea dell’Isola (XI secolo) e dal Duomo (XII secolo); frammenti di archivolti da chiese medievale della città; inoltre, nel portichetto medievale, un sarcofago bizantino con croci greche. Al di là del portico si apre un cortiletto, nel quale sono esposte are marmoree, iscrizioni funerarie ed elementi architettonici. ” (3)
Ma, vediamo qualche reperto nel dettaglio:
Vera di pozzo
“La vera di pozzo in marmo bianco, ora nel Museo Provinciale di Brindisi, si è pensato riferibile al complesso di Santa Maria Veterana. I resti del piano terra del palazzo abbaziale, eretto fra IX e X secolo, sono nella parete che chiude il chiostro di S. Benedetto a levante.
La fascia esterna della vera presenta dodici personaggi, quattro donne e otto uomini, vestiti alla maniera franca. Essi si tengono per mano in atto di danzare: ricordo ancestrale di riti precristiani intesi a tutelare le acque dei pozzi da contaminazioni maligne.
Gli otto uomini portano una tunica aderente lunga fino ai ginocchi e stretta alla vita da una cinta a cordone. Le maniche sono strette; una stola a pallio stilizzato dal collo cade sul davanti. Le gambe sono coperte da calzoni o calze aderenti.
Le quattro donne indossano tuniche dalle maniche strette serrate alla vita e plissate dalla cintura in giù. Nessun gioiello le adorna.
Gli uomini hanno capelli alla maniera franca, tagliati all’altezza delle orecchie; il viso è rasato ad eccezione dei baffi che sono folti e ben curati. Le donne hanno i capelli intrecciati e disposti a cuffia.
Tanto i visi femminili che quelli maschili hanno la tipica forma a pera rovesciata, peculiare dell’arte longobarda.
La vera fu eseguita sul finire dell’VIII secolo.” (2)
Semicapitello con volatili
Qui è anche “un semicapitello in marmo con volatili, affrontati al ramo di palma, attribuito dal Wackernagel agli anni a cavallo fra XI e XII secolo. E’ dubbio che possa essere appartenuto come pure è stato ritenuto, al complesso abbaziale di Sant’Andrea dell’Isola. Il manufatto presenta caratteri chiaramente preromanici tanto da potersi collegare alla plastica longobarda del IX secolo.” (2)
Scrive Benita Sciarra nel suo “Sull’abbazia di S. Andrea all’isola in Brindisi”:
Fra le prime città di Terra d’Otranto a ricevere il Cristianesimo fu Brindisi, e sebbene dei primi secoli poco, o nulla si sappia, per scarsezza di documenti e monumenti, prime notizie sicure si hanno dalle epistole di Gregorio Magno, dalle quali si deduce come nella Calabria (il nome Calabria in origine designava la penisola salentina ndr), intorno al V secolo, vi fossero cinque vescovati, e cioè: Brundusium, Gallipolis,
Lippia (l’odierna Lecce), Tarentum, Hidruntum (l’odierna Otranto). Con molta probabilità alcuni devono però riportarsi al secolo IV, mentre più antica dev’essere la chiesa di Brindisi, che già da tempo celebrava la festa di S. Leucio, suo confessore, come si ricava da una vita del santo pubblicata dai Bollandisti.
Uno sviluppo notevole ebbe in Brindisi il monachesimo, soprattutto quando, con le persecuzioni iconoclaste, l’Oriente cristiano si trasferì nell’Occidente e numerosi monaci, alla fine del VI secolo, vennero nelle nostre regioni, portando seco sacre immagini e riti.
La loro presenza in Terra d’Otranto rimane documentata ancora oggi dall’esistenza delle numerose laure basiliane, laure che venivano ricavate nelle profonde e rocciose valli, nelle campagne deserte e sulle cime dei colli.
Anche l’isola situata presso l’imboccatura del porto esterno di Brindisi e denominata Barra e successivamente di S. Andrea, dai monaci che ivi forse fin dal secolo VI si trasferirono dall’Oriente, fu scelta, quando i rapporti con l’Oriente migliorarono, tra il 967 ed il 1030, “dal tempo cioè di Basilio il Macedone a quando la dominazione bizantina si affermava in terra d’Otranto in modo meraviglioso”, per fondarvi una importante abbazia. ll luogo era ideale perchè isolato, ma soprattutto perchè offriva facilità di comunicare con Bisanzio.
Dal VII al X secolo poco o nulla si sa per le tristissime condizioni in cui venne a trovarsi la città, che fu devastata dai Goti, dai Longobardi, dai Saraceni e di questo importante monastero basiliano non rimase documento alcuno, se si escludono i due interessanti capitelli che il Coco, il Tarantini ed il Bertaux che li attribuisce al X secolo, dichiarano provenienti dall’abbazia di S. Andrea all’isola, capitelli che qui si pubblicano per la prima volta.
Quando i Normanni nel secolo XI s’insediarono in Brindisi e cercarono di dare ad ogni cosa l’impronta latina, disperdendo documenti e monumenti greci, il grandioso monastero (l’imponenza dei due superstiti capitelli e la fattura che rivela una tecnica raffinata ce ne fanno fede), ridotto ormai ad un mucchio di rovine dall’irruzione dei Saraceni, fu affidato ad un monaco che fino a quel momento aveva dimorato nel cenobio di Monopoli, di nome Taspide, e successivamente da Goffredo, conte di Conversano ad un certo Melo. (…)
Semicapitello con arieti
“Allo stesso periodo può attribuirsi l’altro semicapitello in marmo, con arieti, che non può identificarsi con quello visto da Ferrando Ascoli sull’isola di Sant’Andrea. Questo reperto infatti giaceva, in quegli anni in cui scriveva l’Ascoli, abbandonato nei pressi di San Giovanni al Sepolcro.” (2)
Capitello con pantere e frammenti di archivolto
“Il capitello con pantere e il frammento di archivolto che sono nel museo provinciale di Brindisi si è ritenuto possibile provengano dalla chiesa del Cristo.(..) Il frammento di archivolto presenta sulla fronte animali a coppie mordenti i frutti di un cespo spinoso. L’intradosso presenta lacunari di ispirazione classica, simili a quelli che appaiono sul protiro della basilica di San Nicola a Bari.” (2)
“Il capitello figurato con animali che è nel museo provinciale di Brindisi presenta su una fila di foglie d’acanto, uno per ogni faccia del capitello, quattro animali: un bue, un leone e due arieti con la testa in comune ed il vello a ciocche triangolari.” (2)
“Nel museo provinciale è un frammento di archivolto. Il confronto fra i motivi decorativi di questo reperto e quelli, originali, della monofora sulla fiancata destra di S. Benedetto, permette di ipotizzare che l’archivolto provenga dalla stessa chiesa e possa perciò datarsi fra la fine dell’XI secolo e i primi del XII. Esso è decorato sulla fronte con una cordonatura ad intreccio che racchiude piccoli animali e, nell’intradosso, da un motivo a squame.” (2)
“Sarcofago vetero-cristiano, in pietra locale, di tipo palestinese, con croci in rilievo a braccia uguali ed il lastrone di copertura spezzato.” (2)
Frammento di stipite della Cattedrale “apparentemente associabile ai rilievi che sono sugli stipiti del portale settentrionale di S. Giovanni al Sepolcro non solo per il disegno generale, sull’intradosso è un tralcio sulle cui anse sono animali e figure umane(..) ma anche per motivi particolari.” (2)
Altri reperti presenti nell’atrio
MUSEO ARCHEOLOGICO PROVINCIALE “F. RIBEZZO” – BRINDISI
“Il Museo archeologico provinciale “Francesco Ribezzo” si trova a Brindisi, in piazza Duomo.
Il museo prende il nome dall’omonimo archeologo e glottologo illustre (1875-1952). Dispone di numerosi e ampi locali nei quali conserva vasi attici di notevole interesse e i famosi Bronzi di Punta del Serrone.
La prima sede del Museo Civico fu a metà Ottocento la chiesa di San Giovanni al Sepolcro per iniziativa del canonico Giovanni Tarantini: divenuta presto inadeguata, si decise ad opera dell’Amministrazione Provinciale di recuperare gli spazi lasciati dal vecchio ospedale adiacente al duomo per destinarli a sede del Museo (ma anche della Biblioteca provinciale e del Provveditorato).” (3)
“Nel corso dei lavori, furono effettuati interessanti ritrovamenti nel sottosuolo. Il nuovo museo fu aperto al pubblico nel 1958 e vi confluirono, oltre alla collezione civica, le numerose antichità che affioravano nel corso degli interventi edilizi nel centro storico e nei paesi della Provincia. Nel 1992 si è arricchito dei ritrovamenti subacquei di Punta del Serrone (vedi qui), consistenti in belle statue bronzee in frammenti. Nel frattempo, resisi liberi gli spazi già destinati ad uffici, il Museo ha potuto trovare nuove sale e spazi per esposizioni (vedi qui “Ercole bambino” e qui “Iconografia femminile”).” (3)
“Al pianterreno si apre un’ampia sala dedicata alle collezioni storiche della Sezione antiquaria. Nelle vetrine il materiale archeologico, in gran parte di provenienza brindisina, è esposto per classi di materiali: ceramiche, bronzetti, terrecotte votive, antefisse, lucerne, vetri, monete. Notevoli i vasi a trozzella, tipici della regione messapica (VII-II secolo a.C.) e alcuni vasi attici, vasi italioti, vasi dello stile di Gnathia, crateri apuli a figure rosse del IV secolo a.C. con scene dionisiache.” (3)
“Piano Sotterraneo – Epigrafica e statuaria. L’esposizione conserva inalterato l’allestimento del 1954-58.
Alle pareti, numerose iscrizioni romane sia onorarie che funerarie, e alcune messapiche, greche ed ebraiche, da Brindisi e dalla provincia. Tra queste notevole un’epigrafe rinveuta in località Tor Pisana nel 1870 circa, per una fanciulla morta diciassettenne nell’anno 832 che recita:
« Qui giace Lea, figlia di Yafeh Mazal. Sia la sua anima nel vincolo della vita, che si dipartì essendo trascorsi 764 anni dalla distruzione del Tempio: e i suoi anni furono diciassette. Il Santo – benedetto Egli sia – le conceda di resuscitarne l’anima con la Sua giustizia. Venga la pace e si posi sul luogo in cui ella giace. Custodi dei tesori del paradiso, aprite le porte e consentite a Lea di entrare. Ogni delizia abbia alla sua destra e ogni dolcezza alla sua sinistra. Così intonerai, e le dirai: questo è il mio diletto, questo è il mio compagno. »
(Epigrafe in ebraico – IX secolo)
Al centro della sala, varie statue, alcune delle quali assai pregevoli benché acefale: tre torsi di statue loricate romane, con le corazze ornate dalla testa di Medusa e da Vittorie alate che incoronano un trofeo; frammento di statua muliebre in corta tunica (Diana cacciatrice); una figura femminile ammantata; statua muliebre seduta, di arte greca, e statua muliebre acefala, di arte ellenistica, di Vittoria o Musa.” (3)
“I e II Piano – Dalla Preistoria ai Messapi. La sezione Preistorica raccoglie materiale archeologico che illustra i risultati di varie campagne di scavo effettuate a Brindisi e nel territorio della provincia.
Ricca collezione di vasi a trozzella messapici, con varie decorazioni geometriche e fitomorfe (generalmente del IV-III secolo); suppellettile di tombe, con vasi dello stile di Gnathia e a trozzella, da Ceglie Messapico (IV-III secolo a.C.); trozzelle e crateri dello stile di Gnathia, da Valesio; materiale vario da Egnazia, Carovigno e Oria. Da Brindisi provengono, tra l’altro belli esemplari di vasi a figure rosse: un bel cratere a colonnette attico del Pittore di Efesto (V secolo a.C.) con Corteo dionisiaco presso un’ara e, nel rovescio, personaggi ammantati; un altro cratere attico con Trittolemo sul carro alato tra Demetra e Kore del Pittore di Polignoto (V secolo a.C.); kylix attica con Satiro avanti a Menade, interpretato come Scena di ipnotismo (V secolo a.C.); cratere a campana con Atena tra Ercole e Ermes del Pittore di Ermes (IV secolo a.C.); oinochoe apula con Scena nuziale del Pittore dell’Iliupersis (IV secolo a.C.); due crateri apuli con Scene di satiri del Pittore del Tirso (fine del IV secolo a.C.). Inoltre, laminetta aurea con iscrizione greca (V secolo a.C.); aryballoi protocorinzi figurati (VII secolo a.C.) che attestano i rapporti commerciali antichissimi di questo porto con scali orientali.” (3)
“Brindisi romana. Contiene statuine fittili e antefisse, di provenienza tarantina, della collezione Gorga (deposito dello Stato al Museo) e una piccola raccolta di monete greche e romane. Inoltre, sul pilastro a d. dell’ingresso, grande disco fittile di età romana con Eros su quadriga e simboli zodiacali. Su pilastrini marmorei, urne di alabastro e di marmo, bella testa di divinità femminile di età romana. Nel corridoio busto di Pan (I secolo d.C.), busto di Minerva (età adrianea), un simulacro di Ecate trimorfa e un bassorilievo con scena di sacrificio.” (3)
“Bellissima statua acefala di Clodia Anthianilla, letterata brindisina (II secolo), già nel foro di Brindisi e relativa base iscritta con lungo elogio funebre della stessa.” (3)
Un ringraziamento particolare alla Biblioteca Arcivescovile A. De Leo di Brindisi, per aver gentilmente messo a disposizione le fotografie dell’archivio personale fotografico T.Col. Briamo, da cui è tratto tutto il materiale fotografico d’epoca, comprensivo di didascalie del presente articolo.
Bibliografia e siti web:
“Legenda: allo scopo di non tediare il lettore con la ripetizione delle fonti citate, è stato attribuito un numerino per ogni opera consultata, che si ritroverà al termine della citazione e che consentirà l’esatta attribuzione bibliografica.”
(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Portico_dei_Cavalieri_Templari
(2) Brindisi Nuova Guida, di Giacomo Carito. Italgrafica Ed. Srl – Oria, 1994
(3) http://it.wikipedia.org/wiki/Museo_archeologico_provinciale_Francesco_Ribezzo
Eccezionale ed esaustiva esplorazione do
cumentaristica.
Franceso, ho mandato il link di questo pezzo al mio amico Arch. Luciano del Belvis a Roma. Mi ha risposto così:
Luciano de Belvis
Luciano de Belvis 18 marzo 14.34.56
ALFIO CARISSIMO!!!
che gran regalo che mi hai fatto. visita (seppur telematica) al museo provinciale archeologico interessantissima. ho scaricaro tutte le foto presenti, me le studierò con calma. ci sono secondo me un paio di imprecisioni su un paio di attribuzioni temporali, ma son peccatucci veniali, ce non meritano nemmeno un’ave maria.
grazie ancora, amico mio e… visita, visita, visita e soprattutto… manda manda manda
Grazie!